giovedì 7 settembre 2017

A Total Wall - Delivery (2017)

“Alienante”: volendo stringere al massimo, è questa la descrizione perfetta di Delivery dei lombardi A Total Wall, band nata nel 2009 e con all’attivo già una manciata di EP prima di questo esordio su lunga distanza. È una caratteristica evidente sin dal genere del gruppo, la cui base è un metalcore/djent meccanico, spigoloso e freddo in maniera voluta al cento percento. In più Delivery può contare sulle influenze più varie, che vanno dal groove e dal death metal  all’industrial e alla musica elettronica, parlando per i generi che sviluppano l’hardcore – per esempio il math. Tuttavia, anche gli A Total Wall stessi sono bravi nell’evocare alienazione, grazie anche a qualche elemento peculiare: per esempio, lo è l’alternanza tra growl e la voce pulita, che non è certo quella tipica del metalcore. Anche l’utilizzo dell’elettronica non è quello più classico dell’industrial metal o dell’electronicore: la presenza di synth è più centellinata, e interviene solo per dare un tocco più gelido al tutto. Quello degli A Total Wall è insomma un genere coi suoi bei spunti di personalità; purtroppo però Delivery soffre di qualche difetto importante. Il principale è che al suo interno un ascoltatore tende a perdersi, e non in senso positivo: colpa della grande omogeneità, sia a livello musicale che di atmosfere. Non dico che gli A Total Wall avrebbero dovuto variare a livelli progressive, anzi, ma qualche sfumatura in più di sicuro avrebbe reso il loro suono più avvincente. Inoltre, seppur la sua media sia discreta, Delivery presenta pochi pezzi e pochi passaggi che spiccano davvero – il che è in parte da ascriversi alla già citata omogeneità. Non sono difetti castranti, ma nemmeno così lievi: il risultato è che Delivery è piacevole, ma probabilmente viste le capacità del gruppo poteva essere migliore.

Senza alcun intro, Reaproaching Methodologies esordisce come un pezzo djent, cupo e massiccio, in cui spiccano i riff graffianti di Umberto Chiroli e lo scream altrettanto grattato di Gabriele Giacosa. Si tratta di una norma base quasi angosciosa ma che sa avvolgere a dovere. Va però meglio nei vari stacchi che compaiono qua e là. Ottime sono le aperture più espanse ed eteree con la voce pulita e malinconica del cantante, non leggerissime ma con un senso disperato che avvolge e crea un contrasto riuscito coi momenti più rabbiosi. Sono buoni anche i passaggi più tecnici e dal ritmo sconnesso che appaiono per esempio al centro, tortuoso ma con dalla sua la giusta potenza. Sono altre frecce all’arco di un pezzo poco lontano dai picchi di Delivery. La successiva Evolve comincia da una falsariga lenta ma molto oscura e d’impatto, con un riffage dalle suggestioni deathcore. Poi però la musica si fa più dinamica e orientata al djent, con una progressione potente che si fa progressivamente più lugubre e rabbiosa, a volte anche col contributo di cupi fraseggi elettronici. Questa norma accumula una tensione che si scarica poi nei ritornelli, più aperti e nostalgici, che incidono ma stavolta meno bene, in parte per una certa assonanza con quelli della traccia precedente, in parte per un minor appeal delle melodie. Poco male comunque: alcuni assoli che appaiono alla fine dei refrain riescono a non far pesare troppo questo difetto; lo stesso si può dire della struttura variegata, che porta il pezzo a cambiare parecchio. A volte allora si presentano dei momenti tecnici adatti alla situazione, mentre altrove gli A Total Wall riprendono la norma dell’intro; il meglio è però il finale, con i suoi toni elettronici che lo rendono strisciante. Nel complesso abbiamo un pezzo con pochi momenti morti nei suoi oltre sei minuti: non sarà tra il meglio del disco, ma la sua qualità è buona.

Un lungo intro molto espanso e d’atmosfera, con un caos di echi, poi Sudden per una volta tende quasi a nascondersi. Dopo un passaggio lento, dalle vaghe tinte doom metal, entra in scena qualcosa di più in linea col suono del gruppo, ma senza aggredire: il riffage è cupo e basso, e con le tastiere alle sue spalle risulta molto espanso. Soltanto Giacosa ha un che di rabbioso quando sfodera uno scream più graffiante, ma di solito mantiene un growl cavernoso che contribuisce all’atmosfera. Al centro inoltre tutto si apre e torna la norma dell’intro, ma poi il pezzo riprende, stavolta meno atmosferico: è una progressione dissonante e cupa che aumenta un po’ di voltaggio, seppur a tratti la natura precedente ritorni. Il risultato è un pezzo forse manchevole di potenza, ma che compensa alla grande con l’atmosfera: per questo il suo livello è elevato, a un passo dal meglio di Delivery! Giunge ora Maintenance, traccia dall’evoluzione strana e con molte variazioni. È evidente quasi subito, quando dopo un inizio lento e possente parte invece un pezzo più morbido, quasi disimpegnato, con una chitarra poco aggressiva dietro alla voce pulita di Giacosa. L’effetto complessivo non è molto riuscito, specie in un album che fin’ora è sempre stato cupo e aggressivo. Vanno molto meglio i passaggi più ossessivi e djent, non eccezionali ma che mostrano un’energia adeguata: ciò vale sia per i momenti cantati in pulito che in quelli in cui il growl entra in scena con più rabbia e il tutto si fa più cupo. Fortunatamente a un certo punto questa seconda falsariga prende il sopravvento: la seconda parte è molto cupa, sia nei suoi passaggi più aggressivi sia nello stacco più morbido ma strisciante alla tre quarti col basso di Riccardo Maffioli in evidenza, seguito da un bello scoppio di energia. Nel complesso abbiamo un pezzo un po’ sottotono, anche se in fondo si rivela discreto e piacevole.

All’inizio Lossy è martellante, grazie alla batteria di Davide Bertolini, ma poi rallenta un po’. Tuttavia la norma resta sempre di gran potenza, col giro ossessivo delle chitarre in primo piano di gran potenza e una tastiera che dà una mano in sottofondo per quanto riguarda l’atmosfera. Questa falsariga si ripresenta giusto un paio di volte: per il resto la struttura alterna passaggi più sottotraccia, meno potenti ma cupi e inquieti al punto giusto, e con ritornelli che riprendono la norma iniziale in chiave più soft, ma colpiscono lo stesso con gran forza. C’è anche spazio al centro per una frazione più aperta con la chitarra pulita di Chiroli, che nonostante la tranquillità aiuta ancor di più il pezzo a essere alienante, una sensazione presente ovunque che impreziosisce il complesso. Anche a livello musicale però il tutto funziona alla grande, con tanti bei passaggi e nessun momento di stanca: parliamo insomma del brano migliore di Delivery! La seguente The Right Question prende il via da un lungo intro molto calmo, con la chitarra pulita che possiede giusto un vago senso crepuscolare. Poi però gli A Total Wall strappano con un pezzo di gran energia distruttiva in cui spesso intervengono dei synth ossessivi per dargli un tono anche più alieno e freddo, come a tratti anche la voce filtrata di Giacosa. È una falsariga di base che viene declinata in varie versioni, alcune più rutilanti, altre più dilatate e a volte quasi psichedeliche, ma tutto funziona abbastanza bene. Purtroppo lo stesso non si può dire dei passaggi più nella tradizione djent, che risultano un po’ freddi e poco espressivi: è una sensazione che però a lungo andare affligge anche il resto del pezzo, coi lombardi che a tratti sembrano quasi aver finito la benzina. Abbiamo insomma un brano più che discreto, a tratti anche ottimo, ma un po’ limitato dai suoi difetti e da quelli del disco in cui è contenuto.

Dopo un intro col growl del frontman, Delivery si sviluppa come un brano arcigno ed efficace, nonostante la potenza sia trattenuta. È più o meno questo l’effetto delle strofe, che pur non avendo una grandissima potenza (che pure non manca del tutto) sanno coinvolgere a dovere. Tutt’altra storia invece per i refrain, con le ritmiche e la melodia vocale di Giacosa oblique e dissonanti in misura davvero esagerata, che stonano sia in sé sia con la pesantezza del resto. Buona invece è la divagazione centrale a tinte quasi fusion, che nonostante la differenza con la potenza del resto non dà granché fastidio, è anzi adatta per far respirare la canzone. Anche per questo, nonostante il suo difetto sia abbastanza castrante, ne risulta un episodio godibile, seppur il meglio dell’album a cui dà il nome sia lontano. Per fortuna nel finale il disco si ritira su con Pure Brand, che mette in mostra il meglio degli A Total Wall sin dall’aggrovigliato intro, davvero devastante. Il brano quindi ripiega su un passaggio di voltaggio più basse, che però funziona bene come preludio allo scoppio successivo, djent di alta potenza ma che sa anche essere orecchiabile – almeno per i canoni del genere.  Da qui in poi la musica resta sempre aggressiva, variando giusto ogni tanto la formula tra momenti più esuberanti, altri più nascosti ma di gran potenza e stacchi alienanti e quasi lugubri grazie ai giri elettronici. Sembra quasi che questa norma debba andare avanti a lungo quando invece la musica si spegne per una lunga progressione oscura e quasi malinconica, con la chitarra pulita e quella distorta a incrociarsi nel vuoto. Ma la cattiveria del gruppo ancora non è sopita: torna fuori nel finale, che accentua ed esaspera ancor di più l’aggressività già sentita in precedenza, regalandoci un finale esplosivo – anche se quello vero e  proprio è un brevissimo intro espanso, a tinte ambient. Si tratta di un altro passaggio ben riuscito di un pezzo ottimo, il migliore dell’album che chiude con Lossy!

Per concludere, Delivery si rivela un album discreto che sa intrattenere al punto giusto, nonostante i suoi difetti lo limitino. Per questo, nonostante non sia un capolavoro immortale, se siete fan del djent e delle sonorità sperimentali a esso collegato, il mio consiglio è di dargli almeno una possibilità. Per quanto riguarda gli A Total Wall, sono un gruppo interessante, ma da loro credo ci si possa aspettare di più: con le loro doti e la loro personalità sono sicuro che possano fare di meglio.

Voto: 72/100

Mattia

Tracklist:
  1. Reaproaching Methodologies - 04:34
  2. Evolve - 06:12
  3. Sudden - 05:01
  4. Maintenace - 05:47
  5. Lossy - 05:31
  6. The Right Question - 05:08
  7. Delivery - 04:35
  8. Pure Brand - 05:26
Durata totale: 42:14

Lineup:
  • Gabriele Giacosa - voce
  • Umberto Chiroli - chitarra
  • Riccardo Maffioli - basso
  • Davide Bertolini - batteria
Genere: metalcore
Sottogenere: djent/deathcore
Per scoprire il gruppo: il sito ufficiale degli A Total Wall

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