giovedì 20 giugno 2019

Ils - Pain Don't Hurt (2019)

La mia ormai lunga esperienza con Heavy Metal Heaven e Alternative Rock Heaven mi ha insegnato, tra le varie cose, che esistono due tipi di band. Ci sono quelli che è facile includere in questo o quel genere senza paura di sbagliare; e poi ci sono quelli difficili o addirittura impossibili da collocare, visto il numero di influenze diverse o la complessità della loro musica. A questa seconda categoria appartiene anche il gruppo di oggi, gli Ils da Portland, Oregon: nonostante centinaia di ascolti al loro EP d’esordio Pain Don’t Hurt, ancora non ho capito che genere suonino. C’è di sicuro una componente alternative metal che spesso sfocia nel nu (con il cantante Tom Glose che canta spesso rappando, seppur nel suo caso non mi dia fastidio come tanti altri) e più di rado in elementi metalcore. E poi c’è una componente sludge metal, che dà al tutto un tono più sporco e fangoso; allo stesso obiettivo spingono tanti altri influssi, che vanno dal post-hardcore al noise, passando per l’avanguardia più spinta. Anche per questo, a tratti la musica di Pain Don’t Hurt sembra un po’ casuale, specie a livello di struttura; questo però non è un problema per gli Ils, che riescono a far funzionare il tutto molto bene anche così. Il loro talento è già notevole: consente loro di avere già una buona maestria, e di gestire bene i loro elementi; gli americani ci riescono pur apparendo un po’ acerbi. In particolare, a tratti Pain Don’t Hurt sembra un po’ amatoriale: ogni tanto gli Ils tendono a perdersi dietro ai loro tanti cambi di tempo e alla voglia di stupire a tutti i costi. Inoltre, l’EP soffre un po’ di problemi di registrazione: molto sporca, da scantinato, ci può anche stare per un primo EP, ma valorizza comunque poco il suono della band. Ma in fondo, nessuno dei due difetti incide troppo: Pain Don’t Hurt è il classico caso in cui il cuore riesce andare anche oltre le pecche, di sicuro un ottimo inizio per una band giovane come gli Ils.

Una breve rullata di Tim Stein, poi ci troviamo subito nell’inizio informe di No Luck. È un caos da cui dopo qualche secondo emerge il riff di base, ribassato e potente, a metà tra sonorità metalcore e qualcosa di anche più estremo. A tratti gli Ils lo abbandonano per una norma più leggera, con venature hip hop e a tratti la voce di Glose tipica da nu metal; più spesso però queste aperture sono anch’esse possenti, con un bel riff di gran impatto, di retrogusto sludge. C’è poco altro a parte una frazione centrale un po’ più aperta e melodica: anch’essa però si integra bene in un pezzo breve ma intenso, uno dei picchi del disco che apre nella migliore delle maniere! Ma l’aria non cambia molto con It’s Not Lard But It’s a Cyst, minacciosa sin da subito col suo riff quasi sguaiato, ma di gran impatto. Subito la band lo sviluppa in un senso dissonante, con influssi metalcore e post-hardcore che lo rendono angosciante, insieme alla voce del cantante, qui molto urlata. Più musicali sono invece i ritornelli: addirittura alle spalle hanno delle armonizzazioni, che le rendono persino intense – il che rende ottimo il contrasto con l’altra anima. Il dualismo poi si riunifica nel finale, insieme obliquo ma melodico: è strano, ma più che adatto a chiudere il secondo dei pezzi migliori di Pain Don’t Hurt! La successiva Northstar comincia quasi esitante, ma già col suo riff di base che poi esplode con forza sludge, potentissimo e rabbioso. È più o meno tutta qui la canzone: alterna momenti ansiosi e zigzaganti ad altri più pesanti e aggressivi, variando sempre sulla stessa base. Solo nel finale gli Ils lasciano da parte questa norma per una più fangosa ma sempre feroce e caotica: è una chiusura di buon impatto per un pezzo forse un po’ troppo ridondante, specie all’inizio, ma per il resto di qualità più che decente.

Con Curse, la band americana abbandona i toni confusionari sentiti fin’ora nel disco per qualcosa di più lineare, persino melodioso. Lo si sente già nell’intro, distorto e stridente ma con una certa musicalità: essa poi si sviluppa al meglio quando il pezzo entra nel vivo. Il riff di base è infatti doomy e molto armonioso, la chitarra di Nathan Abner crea un panorama desolato ma accogliente, mogio, senza grande ferocia, e il ritmo di Steiner stavolta è lento e dritto. E anche quando il pezzo aumenta un po’ di voltaggio non cambia molto: se è vero che il cantante usa lo scream, alle sue spalle si stagliano melodie che ricordano quasi il post-metal. Ancor meglio è la frazione di trequarti, persino più espanso grazie a tastiere spaziali, che danno al tutto un tono più lontano, alienato. È la ciliegina sulla torta di un pezzo ottimo già di suo, non tra i picchi assoluti di Pain Don’t Hurt ma poco distante! Quest’ultimo è ormai agli sgoccioli: per l’occasione gli Ils scelgono For the Shame I Bring, che fa un po’ la sintesi di quanto sentito prima di essa. All’inizio è bella arrembante, a comandare è la cattiveria che si sprigiona dai riff debordanti di Abner e dalle urla di Glose. A tratti però questa norma stacca su passaggi più espansi, che vorrebbero essere al tempo stesso cupi e intensi; purtroppo, non gli riesce molto bene né l’uno né l’altro intento. Per fortuna, l’anima più potente va avanti più a lungo: non impressiona, ma il suo ruolo lo svolge in maniera almeno discreta. Chiude il quadro un finale all’inizio quasi espanso, ma che poi si fa possente, cosmico: è il migliore di un pezzo carino ma non imprescindibile, di gran lunga il meno bello dell’EP che chiude!

Per concludere, Pain Don’t Hurt è un ottimo lavoro, specie considerando che gli Ils sono giovani e appena all’esordio. Ovvio, se la band statunitense vuole esprimere il proprio potenziale a pieno, c’è ancora parecchio lavoro da fare per crescere e superare i difetti. Ma se il quartetto si impegnerà, di sicuro sentiremo ancora parlare di loro: forse non sfonderanno mai, visto quanto il loro stile sia di nicchia, ma potrebbero diventare almeno un grande nome dell’underground!

Voto: 72/100 (Voto massimo per gli EP: 80)

Mattia

Tracklist:
  1. No Luck - 02:52
  2. It's Not Lard But It's A Cyst - 02:19
  3. Northstar - 02:09
  4. Curse - 03:34
  5. For the Shame I Bring - 03:30
Durata totale: 14:23

Lineup: 
  • Tom Glose - voce
  • Nathan Abner - chitarra 
  • Christopher Frey - basso 
  • Tim Steiner - batteria
Genere: alternative/nu/sludge metal
Per scoprire il gruppo: la fanpage Facebook degli Ils

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