giovedì 18 ottobre 2018

Creatures - II (2018)

Sarà forse colpa della frenesia e dell’approssimazione dei tempi in cui viviamo, ma in questo periodo accade sempre più spesso che una giovane band si presenti con musica anche interessante, ma acerba. È proprio il caso dei Creatures: nati a Toronto nel 2015, nel corso di questi tre anni hanno pubblicato già due EP, tra cui l’ultimo, intitolato solo II, è uscito lo scorso 20 luglio. Come già detto, da un lato la loro proposta musicale è interessante, per esempio a livello stilistico: i canadesi mescolano un deathcore abbastanza rabbioso con molte influenze elettroniche. Ma non sono tamarre o rutilanti come nella maggior parte del cosiddetto electronicore o nell’industrial metal: costituiscono invece uno sfondo espanso, quasi ambient a volte, che rende la musica di II più alienata e oscura. In generale, i Creatures puntano sull’atmosfera molto più del metalcore e del deathcore più classico; merito anche della loro anima più sperimentale, che non si accontenta di rimanere nei canoni del genere. Insomma, si tratta di un suono sfaccettato e con spunti personali; a volte però l’EP si perde dietro a troppi cliché, specie a livello di riff e breadown. Alcuni passaggi sono proprio scolastici, da manuale nel metalcore; in più, spesso i Creatures cadono in alcune ingenuità. Infine, II soffre di una registrazione davvero troppo grezza: se funziona in maniera discreta nei passaggi più caotici e rabbiosi, quelli più atmosferici un po’ perdono. Il risultato è un EP a suo modo ben suonato, con la giusta grinta e spunti che lasciano ben sperare per il futuro; sono però molti gli elementi migliorabili, e in generale il risultato a tratti lascia un po’ a desiderare.

Un breve intro col rullo della batteria di Tj McKay, presto raggiunta dalla chitarra, si spegne però in qualcosa di vuoto, con un campionamento preso forse da qualche film. Solo dopo qualche secondo Old Style F.A. riprende il suo avanzare, con una norma deathcore potente ma a suo modo anche espansa, per merito delle tastiere alle spalle della musica. Questo però non dura: presto i canadesi accelerano su una norma rabbiosa, incisiva, che avanza a lungo tra momenti veloci, convulsi, martellanti, e altri più espansi, a tratti davvero abissali coi synth alle spalle, ma sempre abbastanza duri. È una progressione quasi caotica, che però i  Creatures gestiscono bene, piazzando al giusto momento le accelerazioni o i frequenti breakdown e incastrando bene il tutto. Arricchisce il complesso anche qualche arrangiamento particolare, come i fraseggi del basso di Christian Roman-von Rosenbach, ben in evidenza a tratti, le piccoli venature delle chitarre, o qualche momento in cui l’elettronica torna a galla. Sono un bel contraltare per una traccia che a dispetto dell’avvio un po’ stentato si ritira su alla grande e si rivela uno dei pezzi migliori di II! L’avvio della successiva What Would Rick Sanchez Do?, ancora con la tastiera, genera una bella atmosfera, resa poi vorticosa dall’ingresso del giro del basso, rapido e convulso. È lo stesso che poi seguono le chitarre a anche la batteria, che presto entra in scena con un battente blast beat, sotto a dissonanze di retrogusto addirittura black metal. Poi la band cambia direzione, all’arrivo di una falsariga a suo modo potente, con un riffage “core” a cui però il tappeto di synth dà un tocco lunatico, espanso. In gran parte delle sue incarnazioni – che sia più potente o più espansa, come nella frazione solistica di trequarti – è una bella norma; purtroppo, lo stesso non si può dire dei passaggi più potenti e spogli. Se alcuni funzionano in maniera decente, grazie alla loro natura tempestosa e a una buona rabbia, altre  non incidono a dovere: l’esempio più lampante è il breakdown centrale, scolastico e banale al massimo. Ne risulta un pezzo piacevole e a suo modo carino: lo sarebbe di più, però, se fosse riuscito in toto, invece che solo a metà.

Samara comincia in maniera lugubre, col growl aspirato di Rob Esposito ed effetti dissonanti conditi da un suono lo-fi al massimo. Poi la traccia ritorna a una forma più normale, anche se ancora un po’ caotica e grezza, che a stento trova alla fine un po’ di ordine – ma non colpisce più di tanto. Molto meglio va invece quando, dopo un momento di pausa, la musica vede scemare un po’ la sua frenesia: la frazione centrale, nonostante il riffage, che incastra passaggi di gran potenza, è espansa, lenta e punta molto sull’oscurità. Pian piano ciò si accentua ancora di più, per passaggi sempre più labirintici, oscuri, dissonanti, con in più venature elettroniche che danno al tutto un tocco davvero alienante. È una parte davvero bella per una traccia che anche col suo problema all’inizio si rivela di buona qualità, nemmeno troppo lontana dal meglio dell’EP. La successiva Broken Anchors torna a correre sin dall’inizio, con una norma veloce e di vago retrogusto thrash metal, che però pian piano comincia a farsi più oscura. È così la norma principale, che alterna qualche ritorno all’inizio con momenti più cupi e caratterizzati dalla tastiera, e con momenti più lenti ma sempre in linea: se nell’insieme è progressione piacevole, ogni tanto suona un po’ piatta. Solo a tratti ci sono passaggi che incidono: per esempio quello che su un riffage non troppo originale sviluppa un bell’assolo, tortuoso e con la giusta oscurità. Altri momenti però non sono granché, come per esempio quello successivo, in cui il growl rabbioso del frontman lancia un breakdown che ancora una volta sa un po’ di già sentito – per quanto poi le tastiere lo salvino dalla banalità. Nemmeno la struttura aiuta, ogni tanto sembra un po’ confusa: ne risulta un pezzo al limite dell’insufficienza, in assoluto il meno bello di II.

L’EP è ormai giunto agli sgoccioli: c’è rimasto spazio solo per (Safe Space) Triggered, che ci stupisce quindi con le ritmiche delle chitarre di Nick Galati II, lente ed espanse: risultano persino vicine al doom metal! Poi però i Creatures cambiano direzione verso qualcosa di più tradizionale nel deathcore, in questo caso però ancora dilatato: le ritmiche sono aggressive, come il growl di Esposito, ma il tutto è atmosferico, grazie al pianoforte in sottofondo. È una norma che torna spesso lungo il pezzo, seppur con diverse variazioni, che a tratti lo portano ad aprirsi, mentre altrove ad accelerare. Soprattutto, però, col passare dei minuti diventa più preoccupato, sentito, assumendo anche un certo pathos inedito: riesce a evocarlo bene, attraverso giri di chitarra melodici che lo impreziosiscono molto. A tratti però i canadesi partono anche per delle fughe potenti e graffianti, con elementi death metal che le rendono più dure, ma stavolta anche un riffage nitido, che non si perde mai lungo tutti gli sfoghi. Lo si può sentire bene sia nel passaggio centrale, quadrato e convulso, con tanti passaggi ben incastrati, e poi nel finale, che si unisce all’aura generale per una conclusione rutilante ma anche sofferta, ben aiutata dallo scream lancinante del frontman. È un altro bel passaggio per un episodio di altissimo livello, il migliore dell’EP che conclude insieme a Old Style F.A.!

Insomma, è chiaro che i Creatures siano una band con mezzi più che discreti, forse anche ottimi: in futuro, potrebbero dar loro una marcia in più, rispetto ai tanti che propongono metalcore e deathcore in maniera derivativa e sterile. II però rivela che al momento sono ancora molto acerbi: dovranno maturare molto se vogliono sfruttare le loro potenzialità al meglio. Ma io mi auguro che ci riescano: ogni genere ha bisogno delle sue band che lo innovino o almeno facciano qualcosa di diverso, e il deathcore non fa eccezione.


Voto: 65/100 (voto massimo per gli EP: 80)

Mattia

Tracklist:
  1. Old Style F.A. - 03:09
  2. What Would Rick Sanchez Do? - 03:33
  3. Samara - 02:37
  4. Broken Anchors - 03:34
  5. (Safe Space) Triggered - 03:50
Durata totale: 16:43

Lineup:
  • Rob Esposito - voce
  • Vic Borowski - chitarra
  • Nick Galati - chitarra
  • Christian Roman-von Rosenbach - basso
  • Tj McKay - batteria
Genere: metalcore
Sottogenere: deathcore
Per scoprire il gruppo: la fanpage Facebook dei Creatures

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